Susan Botti ha nel suo catalogo lavori molto importanti eseguiti dalla New York Philharmonic (Kurt Masur) e dalla Cleveland Orchestra (Roberto Abbado). Nativa di quest’ultima città (la sua famiglia ha però origini piemontesi), Botti ha studiato alla Berklee School of Music di New York, e oggi insegna composizione alla Manhattan School of Music.
Cosmosis, scritto su commissione dell’University of Michigan, prende ispirazione dall’esperimento scientifico realizzato nel 1973 sulla stazione spaziale orbitante Skylab 3: un ragno crociato di genere femminile, chiamato Arabella, doveva tentare di tessere la sua tela in assenza di gravità. Durante le prime ore in questa condizione Arabella fluttuò (“nuotò”, scrissero gli astronauti) libera dentro la cabina, apparentemente cercando di adattarsi e di trovare qualche appiglio.
Dopo una notte (anche se nello spazio è sempre buio) Arabella riuscì a realizzare una piccola, rudimentale ragnatela nell’angolo di una scatola, ma la mangiò in parte. Il secondo giorno (o la seconda notte) la tela risultò migliore della prima ma la ragnetta, disidratata per lo sforzo nonostante gli astronauti la rifornissero continuamente di acqua spruzzata sui fili, morì.
La poetessa americana May Swenson (1913-1989) scrisse “The Cross Spider” ispirandosi a questa vicenda, tracciando la storia di Arabella quasi fosse quella di un personaggio mitologico, imbarcato su un’eterna Argo.
In Cosmosis, il prologo Overboard è l’equivalente musicale della forza di gravità che segue le linee grafiche del poema omonimo (sempre della Swenson). In The Fist Night Arabella ha successo nel suo primo tentativo, poi un Interlude riflette la vastità dello spazio profondo così come la riuscita dell’eroica impresa. In The Second Night Arabella ha ancora successo, ma è sacrificata dal suo stesso impegno: l’energia risonante della sua missione galleggia ancora nell’aria, come le onde sonore e radio che si propagano nello spazio, portando echi terrestri di ogni tipo. Proprio queste enigmatiche onde sonore chiuderanno l’opera in maniera inconsueta.
THE CROSS SPIDER di May Swenson
THE 1st NIGHT
A spider, put outside the world,
given the Hole of Space for her design,
herself a hub all hollow, having no weight,
tumbled counterclockwise, paralytically slow
into the Coalsack.
Free where no wind was, no floor, or wall,
afloat eccentric on immaculate black
she tossed a strand straight as light,
hoping to snag on perihelion, and invent
the Edge, the Corner and the Knot.
In an orbit’s turn, in glint and floss
of the crossbeam, Arabella caught
the first extraterrestrial Fly
of Thought. She ate it, and the web.
THE 2nd NIGHT
“Act as if no center exists,”
Arabella advised herself. Thus inverted
was deformed the labyrinth of grammar.
Angles melted, circles unraveled, ladders
lost their rungs and nothing clinched.
At which the pattern of chaos became plain.
She found on the second night her vertigo
so jelled she used it as a nail
to hang the first strand on.
Falling without let, and neither up nor down,
how could she fail?
No possible rim, no opposable middle,
geometry as yet unborn, as many nodes and navels
as wishes – or as few – could be spun.
Falling began the crazy web.
Dizziness completed it. A half-made, half mad
asymmetric unnamable jumble, the New
became the Wen. On Witch it sit whirlygiggly.
No other thing or fly alive.
Afloat in the Black Whole, Arabella
crumple –died. Experiment frittered.