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Berbenno – Il sentiero di Leonardo
27 July 2019 @ 21:00
FreeBasilica di S.Pietro, Berbenno di Valtellina
Sabato 27 luglio 2019 – ore 21 – ingresso libero
ORCHESTRA DI FIATI DELLA VALTELLINA
Lorenzo Della Fonte, direttore
IL SENTIERO DI LEONARDO
Reynaldo Hahn (1874-1947)
IL BALLO DI BEATRICE D’ESTE (1905)
adattamento M. Losero
- Ingresso di Ludovico il Moro
- Galiziana
- Romanesca
- Spagnoletta
- Leda e il cigno
- Corrente
- Saluto finale dal Duca di Milano
Amilcare Ponchielli (1834-1886)
DANZA DELLE ORE DA “LA GIOCONDA” (1876)
arrangiamento N. Kennedy/A. Reed
Norman Dello Joio (1913-2008)
SCENE DAL LOUVRE (1966)
- I portali
- La galleria dei bambini
- I Re di Francia
- I dipinti della Natività
- Finale
Johan De Meij (n. 1953)
VIA CLAUDIA (2012)
“Un viaggio immaginario attraverso le Alpi”
John Adams (n. 1947)
SHORT RIDE IN A FAST MACHINE (1986)
trascrizione L. Odom
Leonardo Da Vinci, oltre che inventore, scienziato e pittore, era anche un apprezzato musicista che amava suonare su una speciale arpa, ovviamente di propria ideazione. A Milano godeva dell’amicizia del grande Josquin Desprez, il “cantore ducale” fiammingo della corte sforzesca.
Non sono certamente i fiati moderni a poter riprodurre le atmosfere dell’epoca, basate principalmente sull’uso raffinato della voce e degli strumenti a corda: per questo motivo un programma dedicato a Leonardo può solo essere ispirato a lui, alla sua epoca, alla sua opera, anche in maniera indiretta o semplicemente referenziale.
È il caso del “Sentiero di Leonardo”, un reale percorso storico-geografico che parte da Milano, città in cui il genio toscano ha vissuto a lungo, per arrivare alla Svizzera. Si passa per il corso dell’Adda (di Leonardo i progetti delle conche, il traghetto), Lecco (il ponte Visconti è ben riconoscibile alle spalle della Gioconda) e il lago di Como (le Grigne furono visitate più volte da Leonardo), il Pian di Spagna, la Val Chiavenna e il Passo dello Spluga, oppure Sondrio e poi lo Stelvio (Leonardo passò di qui nel 1494 durante il viaggio a Innsbruck seguito al matrimonio di Bianca Maria Sforza con Massimiliano d’Asburgo).
Un percorso che si stacca dalla città per riappropriarsi della montagna, della natura, nel modo ad esse più congeniale: il camminare.
Ecco quindi che il concerto si apre con le musiche (immaginate) per l’altro celebre matrimonio dell’era sforzesca: quello di Ludovico il Moro con Beatrice d’Este, quando la sposa navigò per fiumi e canali dalla natia Ferrara fino a Pavia, dove furono celebrate le nozze il 17 gennaio 1491. Era presente Leonardo, a cui il compositore francese (di origine venezuelana) Hahn dedica il quinto movimento, con la citazione del dipinto perduto Leda e il cigno, che forse doveva rappresentare i due sposi e le loro potenti casate.
Contraltare ottocentesco al ballo di Beatrice è la Danza delle ore, tratta dalla Gioconda del cremonese Ponchielli, che nulla ha a che vedere con l’omonimo ritratto leonardesco, se non il nome e il fasto della corte veneziana in cui è ambientato il gran ballo.
Ma eccoci a un Rinascimento attualizzato: quello del compositore americano Dello Joio, nato a New York da genitori italiani il cui vero cognome era “De Gioio”. Nella sua immaginaria visita al Louvre ci porta attraverso alcune sale e numerosi dipinti, dimenticandosi del più noto di tutti: quella Gioconda che, anche quando manca, brilla ugualmente, ricordandoci che del suo enigmatico sorriso non possiamo proprio fare a meno.
Così, lasciamo la città per iniziare il cammino verso le Alpi: la “Via Claudia” era una strada romana che dalla pianura padana portava alla Rezia, mettendo in collegamento il Po con il Danubio. Il compositore olandese De Meij ci fa letteralmente marciare con i nostri antichi antenati, fra picchi imbiancati da nevi eterne e richiami di corni.
Il concerto termina con un brillante pezzo che di leonardesco ha tutto, sia nel titolo (Breve viaggio in una macchina veloce) che nell’intricata costruzione ritmica e formale, tenuta insieme da uno strano orologio che a tratti incespica, come le macchine raffigurate nei celebri disegni del genio vinciano, di cui a volte, incespicando anche noi, facciamo fatica a capire la funzione.
Noi, miseri mortali, naturalmente, perché, per chiudere con Schopenhauer, “il talento colpisce un bersaglio che nessun altro può colpire, il genio colpisce un bersaglio che nessun altro può vedere”.